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Grossisti sì o no? Luci e ombre sul mercato wholesale

Mercato wholesale alberghiero: metamotori, brandjacking, billboard

Durante la diretta del 24 maggio abbiamo incontrato Simone Puorto, Lorenzo Vidoni, Emanuele Nardin e Bruno Domenico Strati e abbiamo discusso uno dei due argomenti scelti dalla community attraverso un sondaggio sul gruppo Facebook Revenue Management: il problema dei grossisti.

Sono emerse due opinioni contrastanti, secondo cui i grossisti da un lato sono utili perché consentono di avere un business mix bilanciato, dall’altro però, sollevano diverse problematiche legate alla contrattualistica, la gestione del rapporto con la struttura, la definizione del prezzo della camera.

Chi sono i grossisti online nel settore alberghiero: una definizione

I grossisti sono gli operatori tradizionali che hanno dominato il mercato negli anni passati, una decina di anni fa circa. Sono operatori che fanno contratti con gli alberghi, comprano blocchi di camere e si rivolgono ad altri operatori del settore per rivenderle. Il loro mercato di riferimento, quindi, è il B2B.

Con l’avvento delle OTA – Online Travel Agencies e dei grossi colossi come Expedia in primis, Booking, ma prima di tutti gli altri l’italiano Venere, il mercato è stato un po’ stravolto e i grossisti si sono trovati in difficoltà, dovendo cambiare business. Così, sono passati dal B2B al B2C e questo ha leggermente incrinato i rapporti tra grossista e hotel.

Opinioni a confronto sull’attuale mercato wholesale

Queste le opinioni dei nostri ospiti, emerse durante la diretta:

Sono destinati a sparire a breve perché molti non stanno al passo coi tempi e perché le modalità di pagamento delle camere non sono trasparenti. Pensiamo ad esempio a Transhotel, che si è lasciata alle spalle un grosso buco. Nonostante tutto, è innegabile che ci siano ancora grossi vantaggi perché c’è un mercato parallelo all’online.

Lorenzo Vidoni

Li ho sempre ritenuti un canale importante per avere un business mix sufficientemente ampio, da calibrare rispetto alla dimensione della struttura ricettiva. Spingo diverse strutture a intraprendere anche questa strada. Chiaramente, non mi piace l’evoluzione che stanno avendo come canali di vendita.

Emanuele Nardin

Viviamo ormai in un duopolio del mercato, Booking vs. Expedia, manca la differenziazione della vendita online che c’era fino a una decina di anni fa, in cui trovavamo più player. Sicuramente, per alcune strutture che non sono sufficientemente presenti online, affidarsi a uno o più wholesalers può aiutare ad ampliare il distribuition mix e ad arrivare nei meandri del web, dove a volte è più difficile penetrare.

Simone Puorto

Dipende dalla booking window. Come sappiamo, i grossisti vengono utilizzati per le prenotazioni sul lungo periodo. Ci sono alcune destinazioni in cui la figura dei grossisti è ancora fondamentale, ad esempio i viaggi di nozze o la crociera, prenotati con largo anticipo. Così come nelle strutture con un certo numero di camere. Qui la presenza del grossista è fondamentale.

Bruno Domenico Strati

Terrei in considerazione i grossisti per strutture con un certo numero di camere, diciamo dalle 40 camere in su, per ragioni strategiche. A me piace l’idea di lavorare in un contesto di multicanalità perché così è possibile distribuire meglio i canali di vendita della nostra struttura.

Edoardo Caldari

Una domanda interessante, posta da Edoardo, riguarda la ragione per cui i wholesaler detengono ancora quote di mercato così ampie. Stanno ri-crescendo perché usano l’online o perché sono riusciti a rimpolpare il core business tradizionale?

Simone Puorto ritiene che la ragione non sia questa ma che la crescita sia dovuta in primis all’acquisizione di sempre maggiori volumi e sempre maggiore know how, oltre che agli ingenti investimenti in metasearch. Nonostante queste riflessioni, rimane comunque il dubbio su quali siano le ragioni che possano spiegare la loro sopravvivenza nel mercato.

Billboard effect con i grossisti

Lorenzo Vidoni solleva un’altra questione che riguarda il billboard effect con i grossisti: c’è? E se no, perché?

Come sappiamo, il billboard effect è l’effetto generato dalle OTA, grazie al quale le strutture guadagnano in visibilità. Attraverso le OTA, la struttura ricettiva riceve telefonate, e-mail e altre richieste di contatto che, potenzialmente, potrebbero trasformarsi in conversioni (prenotazioni). Lorenzo chiede quindi se anche i grossisti possano generare un effetto billboard e in che modo.

Secondo Simone, il concetto di billboard effect in generale non è più applicabile. Fino a qualche anno fa aveva senso, perché la struttura veniva trovata prima su altri canali, e poi c’era l’azione dell’ospite che andava a cercare e verificare la struttura direttamente alla fonte. Ora non più.

Non è un caso che le schede MyBusiness di Google siano diventate delle mini OTA. L’utente finale non ha più bisogno di andare sul sito della struttura ricettiva: la prenotazione avviene senza mai lasciare la SERP e in quest’ottica, parlare di billboard, è anacronistico.

I grossisti incidono negativamente sull’ADR?

Lorenzo Vidoni ritiene di sì, solitamente incidono negativamente ma anche positivamente sull’occupancy e sul business mix. Simone Puorto invece pensa che l’incidenza sull’ADR  è il problema minore dei wholesaler. Si tratta di una metrica irrilevante se non contestualizzata con altri valori.

Metamotori turistici: creano o distruggono valore?

I metamotori vendono le camere direttamente al consumatore finale sfruttando come canale internet, e spesso lo fanno anche con margini bassissimi.

Alla luce di ciò, si chiede Edoardo, questi modelli di business dei grossisti, creano ancora valore per le strutture alberghiere? Oppure portano l’ospite a intercettare sempre più spesso la tariffa più bassa, a discapito della qualità e della struttura stessa?

Credo che i grossisti portino un valore aggiunto fin quando sviluppano il business off-line, in particolare nei mercati sui quali è difficile arrivare direttamente o anche attraverso le OTA. Ovviamente però, l’off-line non è più sufficiente per vendere tutte le camere che hanno a disposizione e quindi si rivolgono all’online. Il problema è che il rapporto tra prenotazioni off-line e on-line si sta sbilanciando sempre più verso quest’ultimo e quindi il valore aggiunto decresce.

Emanuele Nardin

Dipende: bisogna analizzare il dato e capire, fare considerazioni non personali ma misurate. Bisogna valutare come ciascuna struttura distribuisce le sue camere e quanto valore, economico e non, apporta ciascun canale. Ma è sempre un discorso valido ogni singolo caso.

Certo, ci sono strutture che possono vivere anche senza wholesaler perché il mercato che perderebbero, lo potrebbero acquisire tramite campagne metasearch o altri canali online. Secondo me c’è un errore alla base, legato alla contrattualistica in cui, ad esempio, si potrebbero inserire dei vincoli sulla vendita delle camere, sul prezzo e altri fattori che non incidano negativamente ma che al contrario facciano sì che il wholesaler porti vantaggi alla struttura.

Simone Puorto

A questo proposito, dal pubblico, sono arrivate diverse domande in merito alla contrattualistica e all’eventuale possibilità di modificare e personalizzare i contratti con i grossisti. Ecco il dibattito.

Come modificare le clausole del contratto di distribuzione con un wholesaler?

Su questo argomento, proprio Simone Puorto, aveva già avviato un dibattito all’interno del gruppo Facebook Revenue Management. Tra i vari commenti ricevuti, tutti utilissimi, vi segnaliamo quello di Luciano Scauri che riportiamo anche qui:

come modificare contratto grossisti
Puoi leggere la conversazione per intero qui: https://www.facebook.com/groups/hotelrevenuemanagement/permalink/1871022439596863/

 

La discussione riprende anche a partire da una domanda posta dal pubblico e cioè qual è la differenza tra contratto statico e contratto dinamico con un wholesaler?

Differenza tra contratto statico e contratto dinamico

Il contratto statico è basato su un calendario stagionale stabilito con largo anticipo. Il calendario fa riferimento ad almeno 5 o 6 stagionalità future. Il prezzo della camera viene stabilito alla vecchia maniera e cioè in base ai periodi esattamente l’opposto di quanto previsto dalle nuove tecniche in ottica revenue, in cui invece il prezzo viene stabilito giornalmente.

Il contratto dinamico invece, è quello che per l’appunto consente maggiore flessibilità e di andare incontro a questa esigenza: la tariffa netta inviata al grossista può essere agganciata al channel manager e pertanto permette di lavorare su base giornaliera. Questo contratto ha il grande vantaggio di poter far variare le tariffe tutte le volte che lo si reputa necessario. Spesso ci sono eventi non previsti che portano a un incremento della domanda. Con il contratto dinamico è possibile modificare la tariffa del grossista in tempo reale. Tutto ciò sarebbe impossibile con il contratto statico.

Prenotazione facilitata e ricerca vocale

Secondo Simone, ci sono anche altri due fattori da considerare per capire come impattano i metamotori sul mercato dell’hospitality: la prenotazione facilitata e la ricerca vocale.

Le prenotazioni facilitate sono quelle che vengono finalizzate all’interno dei metamotori. Negli USA, ad esempio, si può effettuare una prenotazione tramite Google, senza passare attraverso il booking engine dell’hotel.

Le ricerche vocali invece, consentono di dare all’utente una risposta precisa a una domanda ancor più precisa per cui, se l’utente cerca “camera a prezzo più basso di”, la SERP restituirà proprio strutture a prezzo più basso di quel tot.

Che cos’è il Brandjacking

Su richiesta del pubblico, Simone ci ha spiegato che cosa significa brandjacking e come tutelarsi da questo fenomeno che potrebbe ledere la propria strategia di branding.

La parola brandjacking è un neologismo formato dai termini brand + dirottamento, e consiste nell’acquisizione impropria di un brand o dell’identità di un’azienda da parte di qualcun altro. Il caso più comune è una richiesta di contatto da parte di un profilo utente, ad esempio su Facebook, che pochi giorni dopo si trasforma in una pagina corporate legata a un brand. Questa tecnica serve per portare traffico verso il proprio sito, pagina o struttura.

Quando Booking.com acquista la parola chiave del tuo hotel, cioè il nome brand, e la utilizza nel titolo del suo annuncio, rendendolo molto simile allo snippet del sito web ufficiale, allora sta facendo brandjacking. Si tratta di una strategia commerciale che sfrutta un particolare momento del funnel di vendita. Quando l’utente cerca il nome brand, infatti, significa che è già alla fine del funnel, che è convinto di prenotare proprio in quella struttura e che dunque, sta per concludere con una prenotazione.

Come proteggere il proprio hotel dal brandjacking

La cosa migliore da fare è registrare il marchio all’EURIPO, con un investimento di 850 euro per 10 anni. Così il marchio risulta protetto, il punteggio di qualità su Adwords aumenta, perché sarete voi i soli a usare quel brand nelle ADS e il brand, che coincide con una parola chiave altamente competitiva. Ovviamente, i wholesaler non potranno più usare il nome brand come keyword per le proprie campagne pubblicitarie.

Arrivare primi nei risultati dei motori di ricerca, per quella parola chiave, sarà praticamente automatico!

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Edoardo Caldari

Data Scientist, esperto di Revenue Management, con una grande passione per la creazione di algoritmi di Forecasting per il Revenue Management. Laureato in economia e specializzato in Economia per il turismo alla Cà Foscari di Venezia con 110 con lode. CEO di HotelPro360 un'azienda innovativa per aiutare le piccole aziende turistiche ad ottenere il massimo delle performance.

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