Parity Rate, cos’è cambiato con il ddl concorrenza
Nel 2017 è entrato in vigore il ddl concorrenza che abolisce la Parity Rate in Italia
Di Parity Rate abbiamo sentito parlare a lungo negli ultimi anni. Prima a proposito della disparità tariffaria tra OTA e hotel, poi riguardo la sua abolizione nel 2017. In questo articolo mi piacerebbe ricostruire le fila del dibattito e capire a che punto siamo oggi.
Che cos’è la Parity Rate
Partiamo da una premessa che potrebbe essere utile a chi non ne ha mai sentito parlare: come dice il termine, con l’espressione Hotel Parity Rate si fa riferimento alla parità tariffaria che dovrebbe (o non dovrebbe?!) esserci tra i prezzi per camera proposti dall’hotel, tramite i suoi canali – sito web ad esempio – e le Online Travel Agencies come Booking ed Expedia, su cui le stessa camere potrebbero essere vendute a prezzi ben diversi.
La ragione di questa disparità è intuibile: le OTA sono una vetrina per le strutture alberghiere che in molti casi pagano una fee per essere rintracciabili dagli utenti tramite questi canali. Tuttavia le OTA, nel tempo, hanno chiesto di tutelarsi al massimo, introducendo delle clausole particolari per poter ospitare sui propri canali le strutture alberghiere ed extra-alberghiere.
Come è facile immaginare, la sproporzione tra prezzi – e profitti – di una OTA rispetto a quelli di un hotel, è notevole. Le ragioni sono tante, ad esempio la notorietà del brand delle OTA rispetto a quella di un piccolo bed & breakfast di provincia, ma anche le risorse economiche che un’Agenzia Online può investire in promozioni e campagne di web marketing, rispetto a un piccolo hotel di montagna, sempre per fare un esempio.
Come abbiamo scritto più volte sul blog, e ribadito durante le dirette sul gruppo Facebook revenue Management, essere presenti sui canali delle OTA conviene agli hotel, perché consente di diversificare l’offerta e aiuta a non precludersi possibilità. Bisogna ammettere però che il potere contrattuale delle piccole strutture ricettive è molto ridotto quando scelgono di essere presenti sui siti delle maggiori Online Travel Agencies.
Tutto ciò ha contribuito a dare sempre maggiore potere a un ristretto numero di grossisti online e di Bed Bank, creando una specie di oligopolio in cui poche OTA sono riuscite a distinguersi e a distaccarsi dalle altre. Ė il caso di AirBnB, il cui successo è legato al differente target cui si rivolge, rispetto a OTA come Booking o Expedia che, al contrario, si sono allineate per consolidare questo monopolio del mercato wholesale online.
Wholeselar e Bed Bank, infatti, rivendono le tariffe a siti terzi (come Amoma, Zenhotel) e pertanto hanno commissioni maggiori rispetto a Booking ed Expedia (il 25%).
Per tutelarsi da questi grossisti e dalle loro politiche di prezzo, la prima cosa da fare è prestare attenzione alle clausole che vengono proposte nei loro contratti. Se ciò non bastasse, consigliamo sempre di monitorare in maniera autonoma le tariffe presenti sui diversi aggregatori di prezzi come Trivago, Tripadvisor e lo stesso Google.
Anche l’extranet di Booking.com dà la possibilità di analizzare questi dati nell’apposita sezione “Dashboard performance prezzi”. Le informazioni presenti in questa sezione degli analytics di Booking sono estrapolati direttamente da Google e Tripadvisor. Il sistema fa lo screenshot della situazione e segnala le differenze di prezzo, indicando anche sito e data in cui ha rilevato l’anomalia.
Volete un’ulteriore prova della disparità tariffaria rispetto a grossisti e Bed Bank? Allora potreste fare una prenotazione fake per vedere da quale canale arriva. In questo modo avrete la prova tangibile del comportamento scorretto da parte del fornitore e potrete decidere se ridurre o eliminare la disponibilità di camere per quel canale in alta stagione, oppure se aumentare le tariffe su tale canale o, addirittura, se minacciare una rescissione contrattuale.
Che cosa è cambiato negli ultimi anni
In un mercato così poco concorrenziale è intervenuta la legge con il ddl concorrenza o legge per la concorrenza ed il mercato. Il provvedimento è stato varato dal Consiglio dei Ministri il 20 febbraio 2015 nel tentativo di ripristinare i principi economici di concorrenza e libertà ed è entrato in vigore il 29 Agosto 2017. Ha funzionato? Difficile dirlo.
Innanzitutto, dobbiamo considerare il contesto in cui ci troviamo. La concorrenza di cui stiamo parlando è una concorrenza tra strutture alberghiere realmente esistenti ma la partita si gioca per lo più sul web. Internet, che nasce per essere uno strumento democratico, ha anche in un certo modo alimentato la disparità tariffaria e difficilmente potrà verificarsi un’inversione di rotta.
Inoltre, le stesse strutture alberghiere hanno contribuito a creare questa situazione, in parte perché poco tutelate dalle associazioni di categoria, in parte perché, affidare la gestione della propria presenza online alle OTA, era ed è decisamente più comodo!.
In questo modo però, gli alberghi non hanno fatto altro che alimentare un fenomeno come il brandjacking, cioè l’appropriazione da parte delle OTA del brand dell’hotel, su cui poi le stesse OTA hanno guadagnato attraverso campagne pay per click. Proteggersi dal brandjacking è diventato praticamente impossibile, soprattutto alla luce dei recenti aggiornamenti Google sulla Policy per l’utilizzo del Trademark.
Parity Rate abolita in Italia
In conclusione quindi, con il ddl concorrenza il Parity Rate è stato abolito in Italia, il che significa che gli albergatori hanno ottenuto l’autorizzazione a fare offerte personalizzate ai clienti e a praticare tariffe online e offline a condizioni più vantaggiose rispetto ai portali online, venendo meno agli obblighi contrattuali con le OTA vigenti prima del decreto legge.
Tuttavia, secondo lo specialista americano del revenue Trevor Stuart-Hill, l’abolizione dell’Hotel Rate Parity potrebbe essere un boomerang per le strutture alberghiere in quanto le OTA potrebbero adottare nuove strategie di marketing a discapito dell’intero comparto turistico italiano. Se vuoi leggere l’articolo completo di Trevor Stuart-Hill fai click qui, registrati al sito e consulta il testo: è gratis!
Ad esempio, colossi come Booking, potrebbero decidere di tagliare gli investimenti sul mercato italiano e ridurre la vetrina dell’Italia all’estero. A farne le spese, non sarebbero certo le grandi catene alberghiere ma i piccoli albergatori che, a guardar bene, sono il motore del mercato turistico italiano per quantità e per diversificazione dei servizi offerti.
A 4 mesi dalla pubblicazione dell’articolo di Stuart-Hill e dopo alcune affermazioni da parte delle OTA interessate dal ddl, possiamo affermare che gli investimenti e i flussi turistici non siano minimamente stati influenzati dall’entrata in vigore della legge.
Le opinioni sul tema sono diverse e ad esempio Nicola Zoppi, uno dei migliori consulenti alberghieri in Italia, ritiene invece che nulla è cambiato effettivamente con il ddl concorrenza, non solo perché, dal suo punto di vista, la parità tariffaria non è mai esistita (prova ne è l’esistenza dei metamotori), ma anche perché le OTA, oggettivamente, saranno sempre una vetrina per gli hotel, a cui porteranno in ogni caso maggiore visibilità.
Come lavorare in parità tariffaria
Dunque, si può lavorare in ParityRate? Ѐ questa una domanda che in molti si pongono e che è stata posta anche durante il corso Hospitality360. Abbiamo cercato di analizzare la situazione e di dare una risposta:
Come si può immaginare, le opinioni su questo argomento sono davvero tante e radicalmente diverse le une dalle altre. C’è chi vorrebbe lavorare in piena parità tariffaria, chi invece preferirebbe la piena disparità. In tutti i casi, prima di decidere da che parte stare, bisognerebbe considerare alcuni scenari possibili:
- Quando costa disintermediare?
- Si può realmente lavorare in Rate Parity?
- Conviene davvero disintermediare?
Sappiamo bene che disintermediare ha un prezzo, cioè quello che paghiamo per tutte le attività di digital marketing e di marketing classico, utili per promuovere la nostra struttura.
Ad esempio, la realizzazione di un sito internet appetibile per l’utente, la gestione dei social network, un servizio fotografico eccellente. Da questo punto di vista, le OTA sono molto più forti della struttura alberghiera, un potere che viene loro non soltanto dai budget maggiori che investono in queste attività, ma anche dalla forza del brand.
L’utente tende a fidarsi di Booking e gli altri grossisti perché il nome rassicura, è più propenso a lasciare informazioni personali al grossista e non al piccolo hotel, è meglio disposto ad effettuare una transazione sul sito di una OTA non su quello dell’albergo, perché ritenuto meno sicuro del primo. Alla luce di ciò, cercare di disintermediare potrebbe essere inutile e deleterio per la nostra struttura.
Consideriamo anche i programmi di fidelizzazione come Genius, le app mobile e tutte quelle varianti del prezzo al ribasso offerte dalle OTA attraverso attività online e offline parallele al portale principale, per non parlare poi dei contratti con i grossisti, per cui la tariffa statica in qualche modo verrà aggirata da qualche sito B2C. Anche in questi casi, si tratta di una lotta ad armi impari.
Cosa fare quindi per lavorare in Parity Rate, ammesso che sia possibile farlo? Ecco qualche consiglio:
- Mantenere un prezzo simile e offrire benefit per la prenotazione diretta. Così facendo, si può dare una motivazione all’utente a scegliere la prenotazione tramite il nostro sito, spingendolo a fare uno sforzo cognitivo che le OTA non richiedono, cioè quello di compilare tutti i campi del booking engine pur di avere un benefit non previsto sui siti delle OTA.
- Diversificare l’offerta: offriamo cose diverse e soprattutto cose che non possano essere commercializzate su altri canali (pacchetti, servizi). Non sarà LA soluzione ma potrebbe dare un piccolo boost alla vendita diretta e aiutare a fidelizzare i clienti.
- Copiare le strategie che fanno le OTA, ad esempio i programmi di fidelizzazione, oppure le tariffe preferenziali per chi compie una certa azione come iscriversi alla newsletter. I budget da investire saranno inferiori ma non è detto che non possa funzionare.
Cosa fare per disintermediare
Posto quindi che le strutture alberghiere piccole e medie non abbiano a disposizione budget notevoli per la gestione di campagne pubblicitarie, comunicazione online e altre attività di digital marketing, le azioni che un hotel potrebbe compiere per disintermediare dalle OTA riguardano la corretta gestione del sito web, la comunicazione visuale e il contatto diretto con clienti e potenziali clienti tramite telefono ed email.
Per una piccola struttura alberghiera, investire in pubblicità potrebbe rivelarsi utile per difendersi dal brandjacking ma campagne più generaliste potrebbero trasformarsi in un suicidio in termini economici. Perché non investire invece quel piccolo budget nella realizzazione del sito e dei canali brandizzati?
Avere un sito internet non è più sufficiente, avere un sito internet performante, veloce, facile da comprendere e utilizzare, corredato da video e fotografie ben fatti, prezzi chiari e descrizioni puntuali delle camere è il minimo per poter essere notati nel mare della concorrenza online. Avere anche dei canali social come Facebook e Instagram, ben curati e collegati al sito, sarebbe l’ideale. I più bravi riescono anche a fare Content Marketing con l’introduzione di un blog all’interno del sito internet ufficiale.
In questo modo si riuscirebbe a intercettare gli utenti realmente interessati alla nostra struttura e i clienti di ritorno, lasciando invece alle OTA i clienti occasionali o che non capiscono le cancellation policy dell’hotel ma cercano invece la migliore offerta al prezzo più basso.
Un altro canale da saper sfruttare al meglio sono telefono ed email, tramite cui non solo intercettare l’utente, portandolo dal canale online all’offline, ma tramite cui individuare bisogni specifici, offrire risposte ad hoc e instaurare un rapporto diretto da coltivare sin dalla fase che precede la prenotazione.
Ciò su cui bisognerebbe lavorare in questo caso, è il tempo di risposta alle email e la formazione del personale. Mentre nel primo ambito le OTA risultano praticamente imbattibili grazie agli automatismi delle più sofisticate tecnologie, nel secondo invece avremmo dalla nostra il fattore umano, qualcosa che difficilmente Booking potrebbe replicare, se non attraverso il customer care puro.
Rate Parity in Europa
Cosa accade invece all’estero? Germania, Francia e Austria sono stati i primi paesi ad abolire il parityrate e i vantaggi connessi al monopolio delle OTA. La Germania nel 2013, la Francia nel 2015 e l’Austria nel 2016. Sostanzialmente, l’abolizione della parità tariffaria ha fatto sì che le OTA non potessero più imporre agli hotel di vendere a prezzi inferiori rispetto a quelli pubblicati sui portali.
Mentre tutto ciò accadeva nel resto d’Europa, l’Italia è rimasta ferma per circa due anni, infatti il ddl è diventato operativo soltanto nel 2017, nonostante fosse stato proposto nel 2015.
Nonostante questi Paesi europei si siano espressi a sfavore della parità tariffaria, portali come Expedia sono stati interessati dai provvedimenti dell’AntiTrust per aver penalizzato alcuni hotel che avevano pubblicato prezzi di vendita inferiori rispetto a quelli pubblicati sul portale di viaggi.